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Doping nei Master? Ma mi faccia il piacere

Dal sito Masterswim.it

Due chiacchiere con il dott. Marugo. Più attenzione e molti casi sarebbero facilmente… “evitati”

Doping: pratica illegale che consiste nell’assunzione da parte di atleti o nella somministrazione agli stessi di droghe, sostanze eccitanti, farmaci o nel ricorso a pratiche terapeutiche (per es. autoemotrasfusioni) rivolte a migliorare artificiosamente le prestazioni agonistiche.

Il doping è quindi contrario ai principi di lealtà e correttezza nelle competizioni sportive, ai valori culturali dello sport, alla sua funzione di valorizzazione delle naturali potenzialità fisiche e delle qualità morali degli atleti.

Periodicamente torna però a essere sotto le luci della ribalta, sia che si parli di sport professionistico che “amatoriale”. Pensiamo al recente scandalo che ha interessato la Russia coinvolgendo quindi di riflesso anche il mondo degli sport acquatici in quanto sede dell’ultima edizione 2015 dei Campionati del Mondo (leggi QUI), oppure alla recente vicenda che ha coinvolto due nuotatori Master risultati positivi a un trofeo del circuito Supermaster italiano e sospesi dall’attività per via cautelare.

In particolare in questo secondo caso, i due atleti sono stati messi alla gogna mediatica, con tanto di nomi e cognomi e tutto per cosa? La positività riguardava il THC, il principio attivo della cannabis, ma possiamo paragonare “il farsi una canna” con il doping che coinvolge lo sport professionistico?

Oltre a questo possono sorgere ulteriori interrogativi, ad esempio che beneficio può dare a livello prestazionale fare uso di cannabis? O ancora se faccio uso di farmaci per la salute come posso essere in regola quando gareggio?

Abbiamo cercato di fare un po’ di ordine in tutti questi – e altri – pensieri facendo una “chiacchierata” con il Dottore Lorenzo Marugo medico federale della Federazione Italiana Nuoto, nonché atleta Master e detentore di diversi primati italiani ed europei.

Iniziamo ad affrontare il discorso doping in generale: di cosa si tratta e come viene classificato?

L’agenzia mondiale anti-doping WADA [World Anti-Doping Agency NdA] considera il doping dal punto di vista dell’illecito sportivo, cioè come qualsiasi attività che permette a un atleta di togliere la vittoria a chi invece la meriterebbe.

In Italia la legge anti-doping oltre a questo aspetto ha introdotto il reato penale (fino a tre anni di reclusione), non si parla più quindi solo di etica sportiva ma anche di un problema che riguarda la salute pubblica. Di conseguenza vengono considerate dopanti anche sostanze che non sono presenti nella lista della WADA (vedi link a fondo articolo) ma che vengono utilizzate “a sproposito”.

A questo punto la domanda è d’obbligo: qual è la linea di confine fra cosa “fa solo male” e cosa è doping?

Esistono sostanze – e metodi – che sono considerati dannosi per la salute ma non sono doping, pensiamo ad esempio a fumo, alcol (vietato solo in determinati sport), farmaci e alcune droghe. Ci sono poi sostanze che non sono considerate pericolose in quanto tali ma possono diventarlo se usate in modo improprio come ad esempio i sonniferi.

Questo non significa che è dannoso per la salute bere un bicchiere di vino o assumere un sonnifero per recuperare il sonno perso con il fuso orario durante in viaggio, ma può diventare pericolosa la dipendenza da queste sostanze. Rimane quindi fermo il punto che ciò che aiuta a migliorare le prestazioni è doping.

Proviamo a scendere più nel dettaglio, come è possibile classificare i vari “tipi” di doping?

Le principali categorie del doping sono: anabolizzante (per aumentare la forza), ematico (per aumentare il trasporto di ossigeno), eccitante (per aumentare concentrazione e determinazione in gara), quindi le pratiche per nascondere o alterare l’esame antidoping.

Le positività che vengono riscontrate ai test antidoping possono essere conseguenti alle seguenti modalità. Il doping professionale richiede una ottima conoscenza medico-specifica e organizzazione, necessita di un forte supporto economico e coperture da parte delle organizzazioni di controllo compiacenti. Nel passato si è assistito a casi di questo tipo in paesi totalitari come l’ex-DDR e la Cina.

Il doping fai-da-te è invece sicuramente il più pericoloso e controproducente perchè oltre all’azione illecita aumenta sicuramente il fattore di rischio per l’incolumità personale.

Passiamo quindi al doping involontario che si può verificare in diverse condizioni: utilizzando farmaci di libera vendita che contengono sostanze proibite (ad esempio sciroppo o gocce per la tosse o il raffreddore), assumendo farmaci prescritti da medici per curare una patologia senza ottenere la preventiva autorizzazione da parte della commissione antidoping oppure assumendo integratori che contengono componenti illecite ma non dichiarate in etichetta. In casi limite è possibile risultare positivi per disfunzioni ormonali non conosciute.

Infine esiste un doping ricreativo che è quello derivato dal consumo di sostanze stupefacenti senza la reale intenzione di migliorare la prestazione sportiva, in questo caso è più una questione etica.

Commenti in riferimento ai recenti casi di positività nel nuoto Master e all’uso di droghe nello sport?

Innanzi a tutto i controlli vengono disposti dalla Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive istituita presso il Ministero della salute e non direttamente dalla FIN come si potrebbe pensare.

Riguardo ai due ragazzi [categoria M30 NdA] trovati positivi al trofeo del circuito Supermaster, si tratta chiaramente di un caso di doping ricreativo. Peraltro la cannabis non migliora la prestazione agonistica nel nuoto ma si trova nell’elenco delle sostanze proibite perchè in alcuni sport “di concentrazione” viene utilizzata per rilassare e ridurre gli stati d’ansia. Così come la cocaina, uno stimolante, può essere utilizzata per aumentare l’aggressività negli sport di combattimento e di contatto come il football americano.

Gli atleti professionisti sono seguiti e aiutati da uno staff medico; cosa deve fare invece un Master per essere in regola nel caso assuma sostanze presenti nella lista WADA?

La prima cosa da fare è produrre la certificazione che dimostri che il farmaco in questione viene assunto per curare una patologia; la documentazione, che naturalmente dovrà essere redatta da un medico competente, va quindi allegata alla TUE (Therapeutic Use Exemption), ossia la domanda di esenzione a fini terapeutici. Sulle modalità di presentazione della domanda e dettagli aggiuntivi è possibile consultare la specifica sezione presente sul sito ufficiale della FIN (vedi link a fondo articolo), riguardo infatti alle sostanze illecite non vi è distinzione fra atleti professionisti e master.

Al recente Trofeo Master DDS di Milano sono stati effettuati altri controlli anti-doping, lascia un po’ perplessa la modalità per la quale veniva pre-annunciata la gara selezionata dando così la “possibilità” di sottrarsi al controllo non partecipando alla competizione. Qual è il suo pensiero in proposito?

Probabilmente in una competizione master si devono affrontare le difficoltà di una partecipazione numerosissima con il conseguente caos organizzativo, comunque sarebbe bene che il sorteggio delle gare e della posizione all’arrivo che determina il controllo antidoping non sia a conoscenza degli atleti. Inoltre all’atleta dovrebbe essere immediatamente notificato il controllo appena uscito dall’acqua ed essere seguito da uno chaperon fino all’entrata nella sala antidoping. Anche questa modalità sarebbe di difficile attuazione nei Master dove si gareggia misti e non si conosce l’effettivo vincitore fino al termine della gara e alla pubblicazione della relativa classifica.

Per concludere, master e professionisti “valutati” con lo stesso metro di giudizio: cosa ne pensa?

Gli atleti tesserati per una Federazione o Ente Sportivo CONI di qualsiasi età o livello prestativo sono sottoposti a un unico regolamento internazionale. Naturalmente possiamo attenderci numerose positività in controlli antidoping nel settore master. Alcuni potranno essere conseguenti a doping “voluto”, la maggior parte credo a “doping involontario”, questo può avvenire per scarsa informazione, per assenza dell’assistenza professionale degli atleti di alto livello (le squadre nazionali hanno medici che controllano quasi sempre tutti i farmaci ed integratori assunti dagli atleti), per aumento dell’utilizzo di farmaci che diventano necessari con l’avanzare dell’età (farmaci per l’ipertensione, per il diabete, per la depressione ecc.) e che di per se stessi non escludono l’idoneità sportiva.

Ringraziamo il Dottor Marugo per la disponibilità e per averci reso più accessibile questo delicato argomento.

Cristiana Scaramel